Chi come me ha compiuto da poco i quarant’anni non ha nella memoria alcuna immagine della vecchia Lauro. Nessuno della mia generazione ha avuto la fortuna di scorgere gli intonaci secolari dei vicoli di Preturo o di Fellino; nessuno dei miei coetanei ha un ricordo o una immagine che aiuti a focalizzare l’aspetto della chiesa madre così come era ad esempio cinquant’anni fa. Alle nostre orecchie di bambini non sono risuonate le voci dei giovani che sedevano sulle gradinate del Carmine. Nessuno dei miei coetanei ha sentito il battere di mastro Peppe lì all’incudine quando si accingeva a ferrare i cavalli e nessuno dei “giovani” nati alla fine degli anni ’70 può ricordare il baretto di Michele lì a Fellino o tanti altri posti ogni tanto qui rievocati. Nessuna immagine, nessun rumore. Noi quarantenni abbiamo solo sentito parlare della vecchia Lauro. I nostri echi di infanzia sono stati soltanto i rumori dei cantieri, delle pietre che cadute ora venivano rialzate cambiando per sempre il volto di questo nostro paese.
Il tremore squassante del 23 novembre 1980 ha segnato di colpo un taglio netto: taglio del tempo, dei paesaggi, delle emozioni. E perciò avidamente abbiamo cercato e cerchiamo ricordi, immagini, voci e testimoni.
Lo scritto che leggerete è la rielaborazione di diverse conversazioni avute con Don Rocco. Lo riconsegno a voi perché dietro queste righe si cela la voce del Parroco. E mentre lo rileggo un mondo di emozioni si affolla dinanzi alla mia mente. E spero anche dinanzi alla vostra.
Lo scritto che leggerete è la rielaborazione di diverse conversazioni avute con Don Rocco. Lo riconsegno a voi perché dietro queste righe si cela la voce del Parroco. E mentre lo rileggo un mondo di emozioni si affolla dinanzi alla mia mente. E spero anche dinanzi alla vostra.
Quel 23 novembre del 1980 cadeva di domenica. E come in tutto il sud anche a Lauro l’estate di san Martino sembrava non voler proprio andare via. No: non era una giornata novembrina. Sembrava primavera, dentro e fuori.
Sono le otto. Don Antonio Mazzocca si è svegliato di buon mattina; un nodo alla cravatta, un saluto rapido a Teresa e subito lascia il palazzo di Preturo in fretta e corre dal fratello, Don Ciccio il pasticciere. L’odore di paste avvolge i vestiti di Don Antonio lì nella pasticceria dallo stile così alpino, quasi da baita. Poche parole tra i due fratelli; solo un caffè preso rapidamente. E rapide le mani afferrano un vassoio di paste. Ciocchetto non fa in tempo a stargli dietro, carico com’è di buste con bevande e vermouth. Rapido Don Antonio arriva alla sede della Democrazia Cristiana locale. Oggi per lui è festa: viene inaugurata la sezione locale di Lauro. E la primavera novembrina di San Martino è di buon auspicio: per lui, per il partito, per gli iscritti.
Alle 11,30 ha inizio la messa. I ritardatari guadagnano rapidamente il sagrato. Messa di Cristo re; la predica non ha nulla di speciale. Come ogni anno si parla di un regno di pace e di amore portato dal Cristo.
Ore 12,30. L’odore di polpette pare arrivare fino in piazza. Segno che l’ora del pranzo è ormai vicina. Un saluto veloce in piazza e di corsa tutti a casa.
Ore 13,30. Si pranza. Soliti discorsi; uno però ricorrente: che farà il Napoli lì a Bologna? La mente è tutta protesa già alla sera. Questa domenica è ancora a metà giornata, eppure già si vorrebbe che finisse. Ma non passano le ore. Sono lente. No. Questa domenica non finirà mai. Mai più.
Ore 18,00. Francesca Venezia è una delle prime ad arrivare in chiesa. Va in sagrestia: prende il gonfalone del Sacro Cuore e lo addossa al pilastro prospiciente il vicolo del Carmine. Presto arriva anche suor Irma; al suo fianco c’è Antonietta Schiavone, la presidente delle Figlie di Maria. Antonietta ha tra le mani il gagliardetto delle Figlie di Maria; lo posa al fianco di quello del Sacro Cuore. Questa sera le associazioni religiose di Lauro iniziano il loro anno sociale.
Ore 18,15. “Nel nome del Padre, del Figlio…”. Ha inizio il rosario: le ave scorrono parlando di grazia scesa in terra, lodando una donna benedetta più delle altre donne. “Adesso e nell’ora della nostra morte”. Parole dette sempre distrattamente. La morte… così lontana… Chi vuoi che ci pensi ora?
Ore 18,30. Ancora un segno di croce. Ancora una messa. Come già di mattina, anche questa volta si parla di un regno di giustizia e di pace, quello di Cristo re.
Ore 19,00. “Obbedienti alla parola del Salvatore”. Ha fretta il Parroco di finire: c’è la partita tra poco. Il Napoli gioca… e… insomma, meglio non dilungarsi.
Ore 19.15. “La messa è finita, andate in pace”. Nemmeno cinque minuti e don Rocco ha già tolto i paramenti sacri.
D’improvviso però suor Irma si precipita in sagrestia: “Parroco, c’è il sorteggio, il sorteggio!”. Sì, vero… Si sorteggia una statua mariana, messa in palio già dalla patronale di agosto…”Faccia suora, ma in fretta”. Suor Irma però non conosce gli usi locali: non sa che si estrae prima ogni biglietto finchè non salta il nome di Maria Santissima… Solo quello successivo al nome di Maria è il vincitore… Suor Irma invece apre il primo biglietto estratto dalla bimba di turno e subito esclama: “Nunziata Nicola… Ha vinto Nicola Nunziata”…
Clamore delle ferventi donne, i cui nomi don Rocco non ha voluto mai rivelarmi, ma che forse potrei pure intuire… Clamori così forti che persino lui, il parroco, lui così sordo, riesce ad intendere. Esasperato dalla stanchezza e dal suo carattere fermo esce dalla sagrestia tutto trafelato. Ha so una grande voglia: mandare subito a casa quelle devote. E lo fa: “La suora ha ben fatto, forza, andate a casa!”.
Un rapido giro di ispezione in chiesa e dopo aver spento e sbarrato tutto, don Rocco si mette a bordo della sua 500. Intanto la chiave della parrocchiale è già tra le mani di Carminuccio Manna; ci penserà lui a portarla come di consueto nel Sale e Tabacchi dell’attuale vicolo Sperandeo.
La meta di don Rocco è una sola: il bar Mazzocca.
Sono le 19.30; Don Ciccio, vero e sapiente e ultimo artigiano del dolce ha appena fatto il caffè. Da patito del Napoli, lui, il maestro di tanti pasticceri, si rammarica del pareggio lì a Bologna.
Sono le otto. Don Antonio Mazzocca si è svegliato di buon mattina; un nodo alla cravatta, un saluto rapido a Teresa e subito lascia il palazzo di Preturo in fretta e corre dal fratello, Don Ciccio il pasticciere. L’odore di paste avvolge i vestiti di Don Antonio lì nella pasticceria dallo stile così alpino, quasi da baita. Poche parole tra i due fratelli; solo un caffè preso rapidamente. E rapide le mani afferrano un vassoio di paste. Ciocchetto non fa in tempo a stargli dietro, carico com’è di buste con bevande e vermouth. Rapido Don Antonio arriva alla sede della Democrazia Cristiana locale. Oggi per lui è festa: viene inaugurata la sezione locale di Lauro. E la primavera novembrina di San Martino è di buon auspicio: per lui, per il partito, per gli iscritti.
Alle 11,30 ha inizio la messa. I ritardatari guadagnano rapidamente il sagrato. Messa di Cristo re; la predica non ha nulla di speciale. Come ogni anno si parla di un regno di pace e di amore portato dal Cristo.
Ore 12,30. L’odore di polpette pare arrivare fino in piazza. Segno che l’ora del pranzo è ormai vicina. Un saluto veloce in piazza e di corsa tutti a casa.
Ore 13,30. Si pranza. Soliti discorsi; uno però ricorrente: che farà il Napoli lì a Bologna? La mente è tutta protesa già alla sera. Questa domenica è ancora a metà giornata, eppure già si vorrebbe che finisse. Ma non passano le ore. Sono lente. No. Questa domenica non finirà mai. Mai più.
Ore 18,00. Francesca Venezia è una delle prime ad arrivare in chiesa. Va in sagrestia: prende il gonfalone del Sacro Cuore e lo addossa al pilastro prospiciente il vicolo del Carmine. Presto arriva anche suor Irma; al suo fianco c’è Antonietta Schiavone, la presidente delle Figlie di Maria. Antonietta ha tra le mani il gagliardetto delle Figlie di Maria; lo posa al fianco di quello del Sacro Cuore. Questa sera le associazioni religiose di Lauro iniziano il loro anno sociale.
Ore 18,15. “Nel nome del Padre, del Figlio…”. Ha inizio il rosario: le ave scorrono parlando di grazia scesa in terra, lodando una donna benedetta più delle altre donne. “Adesso e nell’ora della nostra morte”. Parole dette sempre distrattamente. La morte… così lontana… Chi vuoi che ci pensi ora?
Ore 18,30. Ancora un segno di croce. Ancora una messa. Come già di mattina, anche questa volta si parla di un regno di giustizia e di pace, quello di Cristo re.
Ore 19,00. “Obbedienti alla parola del Salvatore”. Ha fretta il Parroco di finire: c’è la partita tra poco. Il Napoli gioca… e… insomma, meglio non dilungarsi.
Ore 19.15. “La messa è finita, andate in pace”. Nemmeno cinque minuti e don Rocco ha già tolto i paramenti sacri.
D’improvviso però suor Irma si precipita in sagrestia: “Parroco, c’è il sorteggio, il sorteggio!”. Sì, vero… Si sorteggia una statua mariana, messa in palio già dalla patronale di agosto…”Faccia suora, ma in fretta”. Suor Irma però non conosce gli usi locali: non sa che si estrae prima ogni biglietto finchè non salta il nome di Maria Santissima… Solo quello successivo al nome di Maria è il vincitore… Suor Irma invece apre il primo biglietto estratto dalla bimba di turno e subito esclama: “Nunziata Nicola… Ha vinto Nicola Nunziata”…
Clamore delle ferventi donne, i cui nomi don Rocco non ha voluto mai rivelarmi, ma che forse potrei pure intuire… Clamori così forti che persino lui, il parroco, lui così sordo, riesce ad intendere. Esasperato dalla stanchezza e dal suo carattere fermo esce dalla sagrestia tutto trafelato. Ha so una grande voglia: mandare subito a casa quelle devote. E lo fa: “La suora ha ben fatto, forza, andate a casa!”.
Un rapido giro di ispezione in chiesa e dopo aver spento e sbarrato tutto, don Rocco si mette a bordo della sua 500. Intanto la chiave della parrocchiale è già tra le mani di Carminuccio Manna; ci penserà lui a portarla come di consueto nel Sale e Tabacchi dell’attuale vicolo Sperandeo.
La meta di don Rocco è una sola: il bar Mazzocca.
Sono le 19.30; Don Ciccio, vero e sapiente e ultimo artigiano del dolce ha appena fatto il caffè. Da patito del Napoli, lui, il maestro di tanti pasticceri, si rammarica del pareggio lì a Bologna.
E’ solo questione di attimi: un boato, le urla, lo sgomento di quel moto sussultorio. E il respiro impregnato della polvere dei calcinacci senza sapere dove, senza nemmeno rendersi conto. E’ il terremoto.
Don Ciccio non riesce a trattenere il parroco: Don Rocco corre veloce ed è subito a via Fontana. La stradina è già intasata dalle macerie: la cucina della Caserma dei Carabinieri è caduta giù e l’acqua delle condutture idriche impazzisce da tutte le parti. Dal vicolo del Carmine il Parroco giunge finalmente a Piazza Municipio. Ancora nulla è distinguibile: polvere da sedimentarsi, anzi, polvere che sale ancora, dal basso verso l’alto. Alza gli occhi. E vede. E’ crollato il timpano della chiesa. Un ciclope, così lo ricorderà a distanza d’anni il parroco, un ciclope che non ha occhio ma solo ormai voragine.
Lo sgomento, la paura, la fuga: questa è stata Lauro in quei momenti. Nunzio Mastroieni si avvicina al parroco: lo prende sotto il braccio e lo accompagna in canonica, a controllare se non sia crollato tutto. No: la canonica è in piedi, tanto che le sue stanze potranno ospitare anche Michele Colacurcio, il falegname di Preturo, capo di una cooperativa di artigiani, con la moglie.
Don Ciccio non riesce a trattenere il parroco: Don Rocco corre veloce ed è subito a via Fontana. La stradina è già intasata dalle macerie: la cucina della Caserma dei Carabinieri è caduta giù e l’acqua delle condutture idriche impazzisce da tutte le parti. Dal vicolo del Carmine il Parroco giunge finalmente a Piazza Municipio. Ancora nulla è distinguibile: polvere da sedimentarsi, anzi, polvere che sale ancora, dal basso verso l’alto. Alza gli occhi. E vede. E’ crollato il timpano della chiesa. Un ciclope, così lo ricorderà a distanza d’anni il parroco, un ciclope che non ha occhio ma solo ormai voragine.
Lo sgomento, la paura, la fuga: questa è stata Lauro in quei momenti. Nunzio Mastroieni si avvicina al parroco: lo prende sotto il braccio e lo accompagna in canonica, a controllare se non sia crollato tutto. No: la canonica è in piedi, tanto che le sue stanze potranno ospitare anche Michele Colacurcio, il falegname di Preturo, capo di una cooperativa di artigiani, con la moglie.
Solo all’alba del giorno successivo si capisce cosa sia successo: la piazza è seriamente danneggiata e le scale della chiesa sono ormai un ricordo. La pesante croce di ferro e il timpano cadendo hanno lesionato tutto; il macellaio Eduardo Santaniello vede da lontano la sua auto sotto il cumulo delle macerie… Altre due o tre auto sono ugualmente da portare allo scasso… Ma per il resto se non fosse per i calcinacci, Lauro ha resistito bene.
Ovviamente i danni ci sono stati e l’Ufficio Tecnico del Comune individua circa 170 nuclei familiari da tutelare. Si organizza così una mensa presso il ristorante Santaniello, poi portata al San Filippo; al campo atterrano tramite un elicottero viveri di ogni genere; alcuni residenti hanno dei prefabbricati; altri alloggiano a Fontenovella negli attuali uffici dell’Agrivesuvio. E ciò fino al 1982, anno in cui il Parco della Maddalena (così detto in ricordo della prima Collegiata di Santa Maddalena di Lauro esistente in zona) entrerà a pieno regime.
Ovviamente i danni ci sono stati e l’Ufficio Tecnico del Comune individua circa 170 nuclei familiari da tutelare. Si organizza così una mensa presso il ristorante Santaniello, poi portata al San Filippo; al campo atterrano tramite un elicottero viveri di ogni genere; alcuni residenti hanno dei prefabbricati; altri alloggiano a Fontenovella negli attuali uffici dell’Agrivesuvio. E ciò fino al 1982, anno in cui il Parco della Maddalena (così detto in ricordo della prima Collegiata di Santa Maddalena di Lauro esistente in zona) entrerà a pieno regime.
E ora, prima di continuare con la cronaca, è necessaria una premessa. Di quei giorni del terremoto si è detto tanto, forse troppo – e lo ammetteva anche lo stesso Don Rocco. Sono vicende ormai lontanissime e tuttavia vive e ancora affascinanti. E’ in quei giorni che si creò il mito (ma forse a ragione) di un Don Camillo e Peppone lauretani. Amicizia e contese portate fino all’esasperazione da teste pensanti e di tutto rispetto. Lo dico perché i quindicenni di oggi sappiano che gente c’era in paese: di altissima levatura.
Era sindaco a Lauro l’avvocato Ottavio Colucci, uomo dalla scrittura fine e appassionato del suo paese. L’avvocato allora era nel pieno della maturità umana: gran fumatore, tipo che parlava poco (così me lo descriveva il Parroco), era succeduto all’avvocato Sebastiano Setaro, il sindaco morto prima di terminare il suo mandato. (Setaro… da ricordare questo nome!).
E’ ovvio che in quella situazione il sindaco Colucci e l’Ufficio Tecnico si mobilitarono e girarono in lungo e in largo il paese: per rendersi conto degli sfollati, per organizzare gli eventuali soccorsi, per interloquire colle autorità superiori.
Ed è ovvio che il problema principale era la zona centrale di Lauro: la piazza colla chiesa e via Fontana.
Il 27 novembre è emessa una relazione tecnica sulla situazione della chiesa; la decisione è di isolare tutta l’insula parrocchiale mettendo in sicurezza le criticità. E lo si fa, con una rapidità che oggi fa arrossire le lungaggini a cui si assiste spesso.
Il 29 novembre, a sera, arriva da Reggio Emilia una ruspa di dimensioni grandissime, della Ditta Fontanili… E il 30 inizia il lavoro sulla chiesa. Il problema è che non vengono abbattute le sole parti pericolanti, perché la ruspa inizia ad aggredire la prima delle 20 campate possenti della chiesa.
Si pensava di fare presto, ma la prima campata è resistente: solo il 2 dicembre crolla, rovinando sul tamburo e sulle prime cappelle prospicienti l’ingresso.
Poco dopo crolla anche la seconda capriata. E’ un battere continuo dei martelli (perché ora le ruspe sono due, sempre provenienti da Reggio), e a ogni battere man mano salgono polvere e sgomento …
E lo sgomento aumenta ancor di più perché arrivano dei cavi di acciaio (valore dichiarato di 3 milioni) per imbragare le varie parti del tetto e chissà, farlo venire giù… Ma le ruspe non posso andare oltre. La chiesa è troppo vasta… E allora? Le ruspe percorrono il Vicolo del Carmine… Ma niente, troppo stretto.
E’ allora che Don Rocco ha l’impressione che… che la chiesa venga abbattuta del tutto! E un nome rimbomba alle sue orecchie… Setaro, Setaro… Il vecchio sindaco!
Già! Setaro e il suo progetto: una piazza monumentale per Lauro, con porticati e negozi e palazzi laterali come al nord! Unico impaccio: la chiesa. Però la si può abbattere, portando la cura pastorale alla Collegiata.
Don Rocco rimugina… “Colucci sta pensando al progetto di Setaro?”.
E’ ovvio che in quella situazione il sindaco Colucci e l’Ufficio Tecnico si mobilitarono e girarono in lungo e in largo il paese: per rendersi conto degli sfollati, per organizzare gli eventuali soccorsi, per interloquire colle autorità superiori.
Ed è ovvio che il problema principale era la zona centrale di Lauro: la piazza colla chiesa e via Fontana.
Il 27 novembre è emessa una relazione tecnica sulla situazione della chiesa; la decisione è di isolare tutta l’insula parrocchiale mettendo in sicurezza le criticità. E lo si fa, con una rapidità che oggi fa arrossire le lungaggini a cui si assiste spesso.
Il 29 novembre, a sera, arriva da Reggio Emilia una ruspa di dimensioni grandissime, della Ditta Fontanili… E il 30 inizia il lavoro sulla chiesa. Il problema è che non vengono abbattute le sole parti pericolanti, perché la ruspa inizia ad aggredire la prima delle 20 campate possenti della chiesa.
Si pensava di fare presto, ma la prima campata è resistente: solo il 2 dicembre crolla, rovinando sul tamburo e sulle prime cappelle prospicienti l’ingresso.
Poco dopo crolla anche la seconda capriata. E’ un battere continuo dei martelli (perché ora le ruspe sono due, sempre provenienti da Reggio), e a ogni battere man mano salgono polvere e sgomento …
E lo sgomento aumenta ancor di più perché arrivano dei cavi di acciaio (valore dichiarato di 3 milioni) per imbragare le varie parti del tetto e chissà, farlo venire giù… Ma le ruspe non posso andare oltre. La chiesa è troppo vasta… E allora? Le ruspe percorrono il Vicolo del Carmine… Ma niente, troppo stretto.
E’ allora che Don Rocco ha l’impressione che… che la chiesa venga abbattuta del tutto! E un nome rimbomba alle sue orecchie… Setaro, Setaro… Il vecchio sindaco!
Già! Setaro e il suo progetto: una piazza monumentale per Lauro, con porticati e negozi e palazzi laterali come al nord! Unico impaccio: la chiesa. Però la si può abbattere, portando la cura pastorale alla Collegiata.
Don Rocco rimugina… “Colucci sta pensando al progetto di Setaro?”.
Non so dire se sia stato il reale pensiero di questi due Sindaci. Racconto solo quanto mi riferiva il parroco, sospendendo io stesso il giudizio (chi sono io davanti a questi nomi che venero?).
I cavi non vennero usati: significava creare una situazione ben peggiore del terremoto. Si fece strada allora l'ipotesi - che non ho mai voluto verificare - di far operare le ruspe abbattendo il palazzetto di San Filippo (dov'è ora la sala parrocchiale).
I cavi non vennero usati: significava creare una situazione ben peggiore del terremoto. Si fece strada allora l'ipotesi - che non ho mai voluto verificare - di far operare le ruspe abbattendo il palazzetto di San Filippo (dov'è ora la sala parrocchiale).
E' ora di agire. Don Rocco lo sa.
Sono le 9,00 del 3 dicembre. All'improvviso suonano le campane. A martello. Chi le ha sentite (a Lauro l'ultima volta suonarono nel giugno del 2000) sa come suonino. Un martellio intenso, che ti incita a correre, ti dà forza e entusiasmo, ti sprona prendendoti tutto! Se poi le ascolti con una sinfonia di Padre Davide da Bergamo, ebbene, sì forse sei a Lauro, a rivivere quel 3 dicembre 1980.
Corrono le donne della Parrocchia: corre Lucia Rega, corre Francesca Venezia, corre Mafalda e dietro loro tante altre. Sono snelle: non hanno cuscini per simulare le gravidanze come altre donne di altri posti avevano fatto altrove nel ’64. E con loro accorrono i bambini.
E giungono le famiglie dell'insula della chiesa, quelle di via Fontana, quelle del Chiazzullo e del vicoletto: Armando Manzi, e Antonietta Ferraro. E il barista Giacomino Moschiano. E la moglie di Benito Vona colle figlie.
Stanno lì in piazza. Avanzano verso le ruspe mentre la tensione sale. Si guardano e si affrontano.
Le ruspe indietreggiano. Salgono a via Remondini, al palazzo Manara. Qui a sfidarle trovano Rega Giosuè e Renzullo Elisa. Scendono Fellino, ad abbattere la casa a fianco dell'Arco di Fellino... Ma lì sul piede di guerra c'è il prof. Corcione!
Ovviamente il commissario, il dott. Leopoldo D'Andrea vigila su tutto. E un fonogramma non è solo inviato alla Questura e al Prefetto ma anche alla Sovrintendenza dei Beni Culturali.
Il 4 dicembre le campane non suonano. In piazza c'è una processione di esercenti che fanno la spola tra Comune e Parrocchia. Tutto è transennato... ma gli affari? Gli affari vanno avanti, altrimenti come si vive?
Ci sono i barbieri, e c'è il macellaio; c'è il barista e ci sono i salumieri. E non va dimenticata la lavanderia! Biagio Ferraro e Ciro Sola sono i barbieri; Attilio Castaldo è il salumiere, col papà che è mast' Peppe, calzolaio a Piazza Nobile...
Nello studio di Colucci, Sindaco e Parroco cercano di capirsi, di "annusarsi"... Forse non tutto sarà andato per il verso giusto se il 5 dicembre don Rocco è a Napoli.
E’ corso nello studio di Corrado Ursi, cardinale di Santa Romana Chiesa e arcivescovo di Napoli, custode di San Gennaro e metropolita, e chi più ne ha più ne metta... Occorre parlare con Paolo Martusciello, provveditore alle Opere pubbliche... E il cardinale dà un biglietto di presentazione al Parroco che già si sta alzando dalla sedia di fronte al porporato... quando... quando Giacinto Mazzocca (te li giochi i telefonini di oggi!) chiama direttamente allo studio del cardinale. "Parroco, tornate a Lauro, c'è la Soprintendenza!".
Sono le 9,00 del 3 dicembre. All'improvviso suonano le campane. A martello. Chi le ha sentite (a Lauro l'ultima volta suonarono nel giugno del 2000) sa come suonino. Un martellio intenso, che ti incita a correre, ti dà forza e entusiasmo, ti sprona prendendoti tutto! Se poi le ascolti con una sinfonia di Padre Davide da Bergamo, ebbene, sì forse sei a Lauro, a rivivere quel 3 dicembre 1980.
Corrono le donne della Parrocchia: corre Lucia Rega, corre Francesca Venezia, corre Mafalda e dietro loro tante altre. Sono snelle: non hanno cuscini per simulare le gravidanze come altre donne di altri posti avevano fatto altrove nel ’64. E con loro accorrono i bambini.
E giungono le famiglie dell'insula della chiesa, quelle di via Fontana, quelle del Chiazzullo e del vicoletto: Armando Manzi, e Antonietta Ferraro. E il barista Giacomino Moschiano. E la moglie di Benito Vona colle figlie.
Stanno lì in piazza. Avanzano verso le ruspe mentre la tensione sale. Si guardano e si affrontano.
Le ruspe indietreggiano. Salgono a via Remondini, al palazzo Manara. Qui a sfidarle trovano Rega Giosuè e Renzullo Elisa. Scendono Fellino, ad abbattere la casa a fianco dell'Arco di Fellino... Ma lì sul piede di guerra c'è il prof. Corcione!
Ovviamente il commissario, il dott. Leopoldo D'Andrea vigila su tutto. E un fonogramma non è solo inviato alla Questura e al Prefetto ma anche alla Sovrintendenza dei Beni Culturali.
Il 4 dicembre le campane non suonano. In piazza c'è una processione di esercenti che fanno la spola tra Comune e Parrocchia. Tutto è transennato... ma gli affari? Gli affari vanno avanti, altrimenti come si vive?
Ci sono i barbieri, e c'è il macellaio; c'è il barista e ci sono i salumieri. E non va dimenticata la lavanderia! Biagio Ferraro e Ciro Sola sono i barbieri; Attilio Castaldo è il salumiere, col papà che è mast' Peppe, calzolaio a Piazza Nobile...
Nello studio di Colucci, Sindaco e Parroco cercano di capirsi, di "annusarsi"... Forse non tutto sarà andato per il verso giusto se il 5 dicembre don Rocco è a Napoli.
E’ corso nello studio di Corrado Ursi, cardinale di Santa Romana Chiesa e arcivescovo di Napoli, custode di San Gennaro e metropolita, e chi più ne ha più ne metta... Occorre parlare con Paolo Martusciello, provveditore alle Opere pubbliche... E il cardinale dà un biglietto di presentazione al Parroco che già si sta alzando dalla sedia di fronte al porporato... quando... quando Giacinto Mazzocca (te li giochi i telefonini di oggi!) chiama direttamente allo studio del cardinale. "Parroco, tornate a Lauro, c'è la Soprintendenza!".
Si, è arrivata la Soprintendenza. E sarà lei a decidere ormai il da farsi, tutelando i restauri che verranno poi effettuati dalla Ditta Tortora di Casamarciano, concludendosi il 30 agosto del 1992.
Finisce così nel giro di pochi giorni una delle famose “lotte” lauretane.
E io non trovo le parole adatte a concludere. Perché al pensiero di quei giorni, di pianti, di ruspe, di campane a martello, beh… il cuore si intenerisce, e l’emozione si ridesta, pensando a una Lauro orami finita quel 23 novembre 1980, trentotto anni fa.
Finisce così nel giro di pochi giorni una delle famose “lotte” lauretane.
E io non trovo le parole adatte a concludere. Perché al pensiero di quei giorni, di pianti, di ruspe, di campane a martello, beh… il cuore si intenerisce, e l’emozione si ridesta, pensando a una Lauro orami finita quel 23 novembre 1980, trentotto anni fa.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.