lunedì 12 novembre 2018

Il senso del limite se ne va...


Con un linguaggio semplice agli alunni spiego spesso quanto qui scrivo in maniera più elaborata: per l’uomo animato dalla virtù di religione esistono due ambiti, il sacro e il profano. Il sacro è manifestazione del santo, pienezza di vita ed esistenza, mentre il profano è normalità amorfa. Santo è il tempo, santi sono alcuni luoghi. E’ un principio base dell’antropologia e dell’etnografia religiose: è la consapevolezza che esiste un qualcosa di diverso, uno strumento per andare verso chi è Totalmente Altro.
Costui è Dio: il qadosh, il santo. Santo: santo significa il “diverso”, il “separato”. Santo indica distanza: “togliti i sandali, perché il luogo che tu calpesti è luogo santo”: luogo diverso, luogo teoforico, portatore di Dio.
Se viene meno la consapevolezza della alterità di Dio viene meno tutto: Dio non è più il Padre creatore, il venturo che sintetizzerà nel giudizio misericordioso e santo la storia dell’uomo. Se viene meno la consapevolezza della diversità di Dio, egli sarà umanizzato e cadrà il bisogno dell’uomo nei confronti di Dio.
Nel cristianesimo Gesù, pur libero rispetto alle tante prescrizioni farisaiche, è stato tuttavia integerrimo nei confronti della diversità del tempio. Armatosi di funicelle mandò all’aria i banchi dei cambi delle monete, e le sue parole echeggiano ancora forti: “per mano vostra la casa di mio Padre è divenuta caverna di ladri”. Non ho nessun commento da fare costatando a cosa sono state ridotte diverse chiese napoletane, e non aggiungo nemmeno tutte le foto che ho viste, perché davvero sono confuso .
Solo accorata risento la parola, o meglio preghiera del Signore: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà troverà ancora fede sulla terra?”. 


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