lunedì 26 novembre 2018

Ciao fulmine





Non ho mai scritto della mia famiglia perché siamo persone ordinarie, semplicemente normali. Di tutti però tu, amata zia, eri l’eccezione. Tu eri Lucia: la vegliarda, la primogenita dei tredici figli, così somigliante a quella nonna presto andata via, così gioviale eppure così misteriosa. Era difficile fissarti in quegli occhi azzurri: il tuo sguardo fuggiva sempre. Eri quasi smaniosa, impaziente, insofferente degli altri e persino di te stessa. Tu zia, eri l’inquietudine e io sapevo di avere lo stesso carattere tuo. E perciò io e te ci cercavamo: nel pensiero, nel ricordo, nella ammirazione.
Cosa è stata la tua vita? Soltanto vita di fatica, sempre e soltanto fatica. Quella fatica che da ragazza ti ha consumato il corpo, china continuamente sul terreno. E la terra ti è stata maestra, perché da essa hai appreso la speranza. Perché solo il contadino che sparge il seme sa cosa siano speranza e pazienza.
I tuoi giorni non hanno conosciuto sosta. E nemmeno la tua inquietudine. Volevi qualcosa di più, qualcosa che assopisse per un attimo la tua irrequietezza. Forse anche per questo motivo sposasti un visionario: mai compagno migliore poteva affiancare i tuoi giorni. Un giorno decideste che il cielo in una sera d’estate divenisse abbagliante di colori. Tutti ne dovevano rimanere meravigliati, e il riverbero di quei colori doveva risuonare per valli e per paesi.
E le vostre visioni, quelle del tuo Antonio e le tue, amata zia, , sono diventate visioni di tutti, stupore, incanto di colori e di meraviglia.
I fuochi per voi due non erano balistica, chimica o semplice polvere: erano incanto da regalare e da rincorrere. Perché solo in quelle sere d’estate, per un attimo, la vostra inquietudine si assopiva. E solo il cielo riusciva a fermare il vostro sguardo. Solo lui. Nessun altro. E per quei colori visionari il cielo ha voluto il tuo vigore materno. Lo ha voluto fino a strappartelo: Salvatore, Cristofaro, Antonio. Il sangue del tuo sangue, pregno di passione e di visione come te, adesso sta finalmente davanti a te.
A noi qui lasci il sogno dell’impossibile: tornare a colorare il cielo. Amata zia, riposa ora. E risplendi, e brilla, cara zia: rincorri fulgida il firmamento, perché finalmente ora hai trovato la pace. Finalmente sei in quel cielo che da qui perennemente scrutavi: azzurro nell’azzurro, colore nel colore, luce nella luce.

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