2/ Novant’anni
fa: L’Italia al Polo Nord
Ascoltando un discorso a Montecitorio
Uno stralcio.
Sì, consideratelo uno stralcio l’episodio che oggi rileggo con voi.
Non ha senso,
estrapolato com’è dai miei appunti. Ho solo la scusa di sentire Marziale dalla
mia parte: edita ne brevibus pereat mihi
carta libellis… che questi appunti scarni almeno non vadano perduti.
D’altronde lo
dissi precedentemente: a volte sarò frammentario, a volte più ampio. E’ un
rischio narrare l’epopea di Nobile così, ma è il gioco della storia, del
quotidiano scorrere del tempo. E allora scorriamo pure l’arida cronologia.
Anch’essa alla
fine ci rivelerà qualcosa!
Andiamocene a
Montecitorio. Alla Camera di novant’anni fa. Sì, esattamente il 6 marzo del
1928. E se volete pure un’ora eccola: le 16.30.
Il presidente
Casolaro ha appena finito di presentare i disegni di legge. Distratti, al banco
del governo seggono Rocco, Ciano, Volpi.
Man mano entrano anche Federzoni, Belluzzo… Uno sguardo nervoso
all’orologio non può mancare.
Quasi goffo
nella stazza Pietro Fedele, ministro della pubblica istruzione sale sulla
tribuna. Ha nn fascio di carte sotto le braccia. Già: oggi è il suo giorno: la
presentazione del bilancio preventivo del suo ministero.
L’aula è ancora
semivuota. Ma si sta riempiendo di minuto in minuto.
Perché c’è uno
che sta per fare il suo ingresso in aula. Il vociare si spegne. Sono tutti in
piedi, con il braccio destro che freme impaziente di scattare… “Saluto al
Duce!”. Lui siede impettito al banco. Lo sguardo deciso verso i deputati, le
sue creature. Il Duce fa un cenno.
Ora sì che
Fedele può parlare.
A rileggerlo
quel testo viene da chiedersi se sia il 1928, o il 1968 o qualche anno più
vicino a noi. Il tempo passa ma a volte il linguaggio della politica sembra
ripetersi spesso con la stessa cadenza.
Pietro Fedele
poi è un tipo flemmatico: un “Don Abbondio”, così lo definirà Giovanni Gentile.
E mentre passa
in rassegna i successi del Governo nel campo dell’istruzione, ecco che a un
certo punto sembra infiammarsi. Di che parla? Teniamoci forti! Dell’educazione
fisica.
Essa “non è solo
rafforzamento delle membra, ma educazione del carattere e della volontà”.
Ascoltiamo
ancora: la scuola è ormai fascistizzata, e deve esserlo sempre di più, perché i
giovani vanno educati al “culto della forza”. Il culto della forza - continua – “messo al servizio di un’idea”.
E chi sono i
forti, i modelli tipici di questa forza che il regime insegue?
“I forti di oggi
si chiamano Umberto Nobile e Francesco De Pinedo”.
Non è la prima
volta che il nome di Nobile, accoppiato al De Pinedo risuona alla Camera… Quasi
un anno prima, 9 marzo 1927: scena quasi simile, ma per bocca del napoletano
D’Ambrosio.
Ritornerò sulle
parole di Fedele. Vanno pesate, quasi filologicamente.
Usciamo dalla
Camera ora. Perché in quegli stessi giorni qualcosa sta succedendo. Un fatto
serio. Grave. E Nobile lo sa.
Alla prossima!
© Severino
Santorelli
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