martedì 6 marzo 2018


2/ Novant’anni fa: L’Italia al Polo Nord

Ascoltando un discorso a Montecitorio


Uno stralcio. Sì, consideratelo uno stralcio l’episodio che oggi rileggo con voi.
Non ha senso, estrapolato com’è dai miei appunti. Ho solo la scusa di sentire Marziale dalla mia parte: edita ne brevibus pereat mihi carta libellis… che questi appunti scarni almeno non vadano perduti.
D’altronde lo dissi precedentemente: a volte sarò frammentario, a volte più ampio. E’ un rischio narrare l’epopea di Nobile così, ma è il gioco della storia, del quotidiano scorrere del tempo. E allora scorriamo pure l’arida cronologia.
Anch’essa alla fine ci rivelerà qualcosa!
Andiamocene a Montecitorio. Alla Camera di novant’anni fa. Sì, esattamente il 6 marzo del 1928. E se volete pure un’ora eccola: le 16.30.
Il presidente Casolaro ha appena finito di presentare i disegni di legge. Distratti, al banco del governo seggono Rocco, Ciano, Volpi.  Man mano entrano anche Federzoni, Belluzzo… Uno sguardo nervoso all’orologio non può mancare.
Quasi goffo nella stazza Pietro Fedele, ministro della pubblica istruzione sale sulla tribuna. Ha nn fascio di carte sotto le braccia. Già: oggi è il suo giorno: la presentazione del bilancio preventivo del suo ministero.
L’aula è ancora semivuota. Ma si sta riempiendo di minuto in minuto.
Perché c’è uno che sta per fare il suo ingresso in aula. Il vociare si spegne. Sono tutti in piedi, con il braccio destro che freme impaziente di scattare… “Saluto al Duce!”. Lui siede impettito al banco. Lo sguardo deciso verso i deputati, le sue creature. Il Duce fa un cenno.
Ora sì che Fedele può parlare.
A rileggerlo quel testo viene da chiedersi se sia il 1928, o il 1968 o qualche anno più vicino a noi. Il tempo passa ma a volte il linguaggio della politica sembra ripetersi spesso con la stessa cadenza.
Pietro Fedele poi è un tipo flemmatico: un “Don Abbondio”, così lo definirà Giovanni Gentile.
E mentre passa in rassegna i successi del Governo nel campo dell’istruzione, ecco che a un certo punto sembra infiammarsi. Di che parla? Teniamoci forti! Dell’educazione fisica.
Essa “non è solo rafforzamento delle membra, ma educazione del carattere e della volontà”.
Ascoltiamo ancora: la scuola è ormai fascistizzata, e deve esserlo sempre di più, perché i giovani vanno educati al “culto della forza”. Il culto della forza -  continua – “messo al servizio di un’idea”.
E chi sono i forti, i modelli tipici di questa forza che il regime insegue?
“I forti di oggi si chiamano Umberto Nobile e Francesco De Pinedo”.
Non è la prima volta che il nome di Nobile, accoppiato al De Pinedo risuona alla Camera… Quasi un anno prima, 9 marzo 1927: scena quasi simile, ma per bocca del napoletano D’Ambrosio.
Ritornerò sulle parole di Fedele. Vanno pesate, quasi filologicamente.
Usciamo dalla Camera ora. Perché in quegli stessi giorni qualcosa sta succedendo. Un fatto serio. Grave. E Nobile lo sa.
Alla prossima!

© Severino Santorelli


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