I soldi “sacramentati”
E’ la vigilia di natale del 1955. Don Rocco ha 35 anni e dal
5 agosto è giunto a Lauro da Napoli. Proveniva dall’istituto di via Gianturco
dove insegnava, e probabilmente era a bordo della Carrella, la stessa ditta che
già un’ interrogazione parlamentare del 1948 auspicava effettuasse il servizio
pieno nel nostro paese.
Sono mesi strani per don Rocco: deve conoscere una realtà
diversa da quella pugliese. Non è più ad Andria
né a Napoli. E’ un paese particolare dal punto di vista religioso. Lauro
per lunghi anni aveva visto l’elegante figura di don Alfredo Frezzaroli e poi
la gioviale vivacità di Don Falcone.
Vivevano ancora il maestro Don Frazzitta di Ima e il parroco santo di
Migliano, Don Ferrara. A Taurano dal 1914 o forse prima il roccioso Abate Borrasi
si imponeva colla sua fermezza ascetica mentre don Matteo Sperandeo era già
vescovo ormai da anni, tra Nola, Muro e poi Teano.
Calibri forti insomma, con cui don Rocco interagisce, col
suo carattere ruvido e allo stesso tempo mite, e forse inconsapevolmente
imbevendosi della loro “lauretanità” già in quegli anni.
Ma prima di questi nomi c’è un prete che don Rocco conosce
subito, appena dopo l’Abate che insieme a don Olindo gli trasmette il “possesso
canonico” di Lauro: è don Antonio Lupo.
Quando sia nato non lo so… “O pullastiell” – tale il suo
soprannome - probabilmente era anziano e con un
caratterino forte… Annotava don Rocco in una sua pagina come in quella prima
domenica d’ottobre del 1955 don Antonio si era imposto per leggere la supplica
di Pompei, e il parroco per non creare problemi aveva accondisceso in silenzio.
Immagino la scena: l’anziano prete che si fa spazio colle
braccia, superando il parroco e affannato sale al pulpito a leggere la preghiera
mentre don Rocco si rabbuia…
E si giunge alla vigilia di quel natale. Da qualche giorno
don Antonio è ammalato. La situazione è ormai agli estremi. E – errore grave
per un prete – non ha ancora sistemato gli affari materiali prima di partire.
Don Rocco si anima di pazienza e, memore dei precetti propri dei preti, gli
confida la reale situazione della sua salute.
Bisogna far presto: occorre pagare le medicine e soprattutto
la domestica che accudisce don Antonio…
“I soldi donn’Antò…”… “Addò e tenit?”…
Ma don Antonio era tenace. Eh no… il gruzzoletto proprio non
voleva lasciarlo…
Fatto sta che don Rocco la spunta… E viene a sapere dove
stanno i soldi…
Faceva freddo quel 24 dicembre del 1955. Ma Don Rocco sale
spedito le scale della Collegiata, e fruga dappertutto in quella chiesa che era
ufficiata ormai dal solo don Antonio…
Nulla… Ma possibile che don Antonio ormai prossimo alla fine
si fosse preso beffe di lui? Don Rocco si gira e rigira in quella gelida chiesa
e nota che il tabernacolo della prima cappella, quella del sacro Cuore
dall’edicola goticheggiante è chiuso ermeticamente e per di più senza chiave.
Un martello e via, giù di forza… Si… il gruzzolo di don
Antonio era nascosto nel tabernacolo!
E’ l’ultimo ricordo di quella chiesa che ho saputo: presto
il chierichetto di don Antonio, Ciro Bossone, salirà alla parrocchia a servire
messa e la Maddalena chiuderà del tutto. Solo un altro prete e don Antonio
dalla morte dell’ultimo canonico (avvenuta verso il 1895) avevano continuato a
tenerla aperta.
Tutto finiva. Ma il tabernacolo rotto è ancora lì, senza
porticina, da quel 24 dicembre 1955…