Ed eccoci a festeggiare il 135°
compleanno del generale Nobile ricordando quel 21 gennaio del 1885, il giorno
dopo la festa di Lauro. Don Rocco, rileggendo il carme che il Del Cappellano
compose nel 1653 (anno in cui san Sebastiano fu eletto patrono del Vallo di
Lauro) e giocando con quelle parole, amava scorgervi un felice accostamento di
nomi, leggendovi quasi una profezia: O patria, es felix… sors tibi diva favet; … Nobilis … tradet:
Sei davvero felice o Lauro, la sorte divina ti è propizia… Dio ti dona di
essere Nobile.
Per festeggiare quest’evento voglio regalare a voi un appunto sulle nuove
notizie che gli archivi
hanno svelato sul rapporto tra Nobile e Lauro. Lo
scritto è lungo e purtroppo una ulteriore sintesi lo renderebbe
incomprensibile. Fa freddo per fortuna: prendetela come una lettura da
caminetto. E allora iniziamo.
Il già noto: il misterioso incendio del 21 gennaio 1885
“Nacqui nel 1885, in pieno inverno,
a Lauro, un ridente paese che sorge attorno a un vecchio castello principesco,
sulle verdi colline dell’Irpinia, non lontano dal paese”.
Sono le parole iniziali del
meraviglioso romanzo denuncia che è la “Tenda rossa, memorie di neve e di
fuoco” che il generale Nobile pubblicò nell’ormai lontano 1969; poche righe
dopo il futuro eroe polare raccontava dell’enigmatica comparsa di una zingara lì
a piazza Monastero mentre il palazzo Lupo prendeva inaspettatamente fuoco.
Fu un attimo: quegli occhi slavi,
scuri come le montagne asiatiche si posarono sul fuoco, quasi a unire brace con
la brace. E si volsero ancora, posandosi sulla neve che cadeva: gelo che
incontrava il gelo. Trovarono pace solo scorgendo il piccolo, ma fu solo un
istante. Sibillina la zingara aprì la bocca volgendosi alla madre del neonato preveggendo
nel bambino appena nato una tormentata lotta con il fuoco e la neve.
“Neve e fuoco”: le parole
risuonate a Lauro dalla bocca di quella zingara rincorreranno sempre i giorni
del nostro Nobile e talloneranno ancora la nostra curiosità.
Oltre il già noto: gli archivi raccontano…
1. Un
prete accusato di stupro
Già, la curiosità. Relegare tutto
nella leggenda, nella ennesima notte lauretana delle cicale scoppiate? Sicuro
che quella donna fosse una zingara? Queste domande mi hanno rincorso fin dal
1985, da quando inaugurato il museo Nobile lessi l’aneddoto (si, a nove anni
ero già matto!). Ci sarà da qualche parte – questa è la domanda decisiva che mi
ponevo – un documento che attesti la presenza di nomadi in quegli anni nella
Terra di Lauro?
Ora posso dirlo: la pazienza
premia. E il documento esiste: leggete i fatti.
Pochi mesi dopo la nascita di
Umberto Nobile il sindaco di Taurano Luigi Candia fa pubblicare dal suo
avvocato Alfonso Vastarini Cresi una memoria accusatoria nei confronti di due
abitanti di Taurano. Il fatto è serio e serissima è l’accusa: tentato omicidio.
All’alba del 23 aprile del 1884
Luigi Candia sta attraversando il Trappito, la località tra Lauro e Taurano.
Improvvisamente, a ridosso della cappella, a pochi passi tra la Cappella
Palmese e la chiesa del Santo, nei pressi di un albero di sambuco, partono dei
colpi di fucile, tutti contro lui. Il sindaco miracolosamente esce illeso;
immediate partono le indagini che si concludono contro una denuncia nei
confronti di Nicola Ferraro, accusato di mano armata e tentato omicidio e di
don Giuseppe Palmese, prete, accusato di essere il mandante del tentato
omicidio.
In quei mesi di frenetiche
raccolte di prove l’avvocato e deputato Vastarini interroga a più riprese gli
abitanti di Taurano, soprattutto sul conto di don Palmese, il “diavolo nero”
come lo conosce la gente del posto. Le testimonianze a un certo punto fanno
sobbalzare… Si, perché un giorno Graziano Francesco e Venanzio Felice
testimoniano che poco tempo prima una zingara passò al Trappito davanti alla
casa di Palmese (al di sopra del deposito dell’acqua sopra al Santo). Lì don
Giuseppe tentò di abusare di costei che "fuggiva inorridita dalla casa del
prete, e dalla pubblica strada gridando fece tutte note le prave voglie del
prete".
Non aggiungo altro: la notizia
non ha bisogno di ulteriore commento. Abbiamo la prova archivistica che una
zingara in quegli anni realmente passò più volte per la strada che collegava
Lauro e Taurano.
Rammentate che la strada che univa
i due paesi in quegli anni era la sola via del Santo, detta anche appunto del
Trappito, come mostra la cartina del 1885 che qui allego e per la quale
ringrazio l’amico carissimo, il dottor Giovanni Russo per la copia passatami.
Tanto basti circa i fatti
misteriosi del 21 gennaio 1885 avvenuti mentre Umberto Nobile emetteva i primi
vagiti.
2. Nobile
e Lauro nei giorni bui del 1928: “Sono nato in un paese che…”
Continuo a rileggere con voi le
pagine iniziali del già citato “La Tenda rossa”: “Mio padre, capo
dell’ufficio del Registro, un anno o poco più dopo la mia nascita, fu
trasferito in una sede più importante, sicchè nessun ricordo dei miei primi
anni è legato al paese dove nacqui”. Eppure Nobile nel 1969 aveva dimenticato
di scrivere che Lauro fu ancora più volte presente nei suoi ricordi.
Questa volta la narrazione deve
sorvolare i trionfi del 1926 e soffermarsi sui giorni funesti del 1928,
all’indomani della tragedia dell’Italia.
Il 31 luglio 1928 Nobile ritornava
in Italia dopo gli eventi del Krassin e della Città di Milano. Pochi giorni
dopo era a Roma da Mussolini…
Usiamo il presente storico: rende
meglio i fatti.
L’Umberto Nobile che Mussolini ha
davanti è un uomo disfatto dalla tragedia, confuso, rattristato per la morte
dei suoi compagni. Zoppica vistosamente e ogni movimento ormai gli è precluso:
sotto la casa romana agenti in borghese dell’Ovra lo tengono da giorni sotto
stretta sorveglianza. Solo qualche settimana dopo Mussolini – che è all’oscuro
di questo fatto – smobilita la sorveglianza. Nobile ricorderà di aver fatto un
solo viaggio a Napoli dopo la tragedia dell’Italia: di domenica, nel mese di
novembre del 1928.
E’ sicuramente in quella
circostanza che va inserito il fatto che qui rileggo con voi, fatto
importantissimo perché emana nuova luce nel rapporto tra Umberto Nobile e
Lauro.
Siamo a pochi chilometri da
Lauro: a Montevergine. E’ una giornata di vento polare, con pioggia e nebbia a
intermittenza. Lì sulla vetta del Partenio ormai non sale più nessuno. Nella
tarda mattinata due monaci, appena cessata la pioggia, escono dalla chiesa
abbaziale passeggiando nel Chiostro grande.
Di improvviso vedono un gruppo di
persone, posare per una foto. Gli occhi dei due benedettini si concentrano su un
uomo claudicante.
“Ci sembra di riconoscere i
lineamenti noti non solo a noi ma a tutto il mondo”, annotano poco dopo. La
sensazione che quell’uomo sia Nobile è confermata dal cane che corre e più
volte richiamato: “Titina, Titina”. I monaci corrono a salutarlo ma l’uomo che
li riceve è ormai distaccato, quasi seccato di essere stato riconosciuto.
Umberto Nobile sta attraversando
il momento più buio: tutto sta crollando attorno a lui.
Il generale visita la Madonna, si
ferma dinanzi a lei, prega intensamente. E mentre è davanti a lei si volge ai
monaci e dice: “Non sapete che il Santuario di Montevergine è il mio santuario?
Sono nato… in un paeseche sta sotto l’ombra della santa Montagna di
Montevergine…”.
Si: davanti alla Madonna di
Montevergine Nobile avrà ricordato tutte le sue tragedie. Uomo ormai senza
terra, dinanzi a lei, la Mamma Schiavone, provò forse la nostalgia dei tempi
antichi. E immediato il pensiero era corso a Lauro, al suo paese con quella
casa natia subito lasciata.
E fu un sussurro. Perché le
flebili voci dei momenti tragici divengono sempre carezza di amore. Quella voce
amorosa persasi nel tempo noi l’abbiamo ostinatamente ricercata e ritrovata, per
poter ridire con più fierezza dell’amore tragico e appassionato che unisce Lauro
e Umberto Nobile. Auguri generale Nobile!
(Severino Santorelli)