lunedì 20 gennaio 2020

Lauro e Umberto Nobile: nuove luci dopo 135 anni…


Ed eccoci a festeggiare il 135° compleanno del generale Nobile ricordando quel 21 gennaio del 1885, il giorno dopo la festa di Lauro. Don Rocco, rileggendo il carme che il Del Cappellano compose nel 1653 (anno in cui san Sebastiano fu eletto patrono del Vallo di Lauro) e giocando con quelle parole, amava scorgervi un felice accostamento di nomi, leggendovi quasi una profezia: O patria, es felix…  sors tibi diva favet; … Nobilis … tradet: Sei davvero felice o Lauro, la sorte divina ti è propizia… Dio ti dona di essere Nobile.
Per festeggiare quest’evento voglio regalare a voi un appunto sulle nuove notizie che gli archivi 
hanno svelato sul rapporto tra Nobile e Lauro. Lo scritto è lungo e purtroppo una ulteriore sintesi lo renderebbe incomprensibile. Fa freddo per fortuna: prendetela come una lettura da caminetto. E allora iniziamo.

Il già noto: il misterioso incendio del 21 gennaio 1885

“Nacqui nel 1885, in pieno inverno, a Lauro, un ridente paese che sorge attorno a un vecchio castello principesco, sulle verdi colline dell’Irpinia, non lontano dal paese”.
Sono le parole iniziali del meraviglioso romanzo denuncia che è la “Tenda rossa, memorie di neve e di fuoco” che il generale Nobile pubblicò nell’ormai lontano 1969; poche righe dopo il futuro eroe polare raccontava dell’enigmatica comparsa di una zingara lì a piazza Monastero mentre il palazzo Lupo prendeva inaspettatamente fuoco.
Fu un attimo: quegli occhi slavi, scuri come le montagne asiatiche si posarono sul fuoco, quasi a unire brace con la brace. E si volsero ancora, posandosi sulla neve che cadeva: gelo che incontrava il gelo. Trovarono pace solo scorgendo il piccolo, ma fu solo un istante. Sibillina la zingara aprì la bocca volgendosi alla madre del neonato preveggendo nel bambino appena nato una tormentata lotta con il fuoco e la neve.
“Neve e fuoco”: le parole risuonate a Lauro dalla bocca di quella zingara rincorreranno sempre i giorni del nostro Nobile e talloneranno ancora la nostra curiosità.

Oltre il già noto: gli archivi raccontano…

1.       Un prete accusato di stupro

Già, la curiosità. Relegare tutto nella leggenda, nella ennesima notte lauretana delle cicale scoppiate? Sicuro che quella donna fosse una zingara? Queste domande mi hanno rincorso fin dal 1985, da quando inaugurato il museo Nobile lessi l’aneddoto (si, a nove anni ero già matto!). Ci sarà da qualche parte – questa è la domanda decisiva che mi ponevo – un documento che attesti la presenza di nomadi in quegli anni nella Terra di Lauro?
Ora posso dirlo: la pazienza premia. E il documento esiste: leggete i fatti.
Pochi mesi dopo la nascita di Umberto Nobile il sindaco di Taurano Luigi Candia fa pubblicare dal suo avvocato Alfonso Vastarini Cresi una memoria accusatoria nei confronti di due abitanti di Taurano. Il fatto è serio e serissima è l’accusa: tentato omicidio.
All’alba del 23 aprile del 1884 Luigi Candia sta attraversando il Trappito, la località tra Lauro e Taurano. Improvvisamente, a ridosso della cappella, a pochi passi tra la Cappella Palmese e la chiesa del Santo, nei pressi di un albero di sambuco, partono dei colpi di fucile, tutti contro lui. Il sindaco miracolosamente esce illeso; immediate partono le indagini che si concludono contro una denuncia nei confronti di Nicola Ferraro, accusato di mano armata e tentato omicidio e di don Giuseppe Palmese, prete, accusato di essere il mandante del tentato omicidio.
In quei mesi di frenetiche raccolte di prove l’avvocato e deputato Vastarini interroga a più riprese gli abitanti di Taurano, soprattutto sul conto di don Palmese, il “diavolo nero” come lo conosce la gente del posto. Le testimonianze a un certo punto fanno sobbalzare… Si, perché un giorno Graziano Francesco e Venanzio Felice testimoniano che poco tempo prima una zingara passò al Trappito davanti alla casa di Palmese (al di sopra del deposito dell’acqua sopra al Santo). Lì don Giuseppe tentò di abusare di costei che "fuggiva inorridita dalla casa del prete, e dalla pubblica strada gridando fece tutte note le prave voglie del prete".
Non aggiungo altro: la notizia non ha bisogno di ulteriore commento. Abbiamo la prova archivistica che una zingara in quegli anni realmente passò più volte per la strada che collegava Lauro e Taurano.
Rammentate che la strada che univa i due paesi in quegli anni era la sola via del Santo, detta anche appunto del Trappito, come mostra la cartina del 1885 che qui allego e per la quale ringrazio l’amico carissimo, il dottor Giovanni Russo per la copia passatami.
Tanto basti circa i fatti misteriosi del 21 gennaio 1885 avvenuti mentre Umberto Nobile emetteva i primi vagiti.


2.       Nobile e Lauro nei giorni bui del 1928: “Sono nato in un paese che…”

Continuo a rileggere con voi le pagine iniziali del già citato “La Tenda rossa”: “Mio padre, capo dell’ufficio del Registro, un anno o poco più dopo la mia nascita, fu trasferito in una sede più importante, sicchè nessun ricordo dei miei primi anni è legato al paese dove nacqui”. Eppure Nobile nel 1969 aveva dimenticato di scrivere che Lauro fu ancora più volte presente nei suoi ricordi.
Questa volta la narrazione deve sorvolare i trionfi del 1926 e soffermarsi sui giorni funesti del 1928, all’indomani della tragedia dell’Italia.
Il 31 luglio 1928 Nobile ritornava in Italia dopo gli eventi del Krassin e della Città di Milano. Pochi giorni dopo era a Roma da Mussolini…
Usiamo il presente storico: rende meglio i fatti.
L’Umberto Nobile che Mussolini ha davanti è un uomo disfatto dalla tragedia, confuso, rattristato per la morte dei suoi compagni. Zoppica vistosamente e ogni movimento ormai gli è precluso: sotto la casa romana agenti in borghese dell’Ovra lo tengono da giorni sotto stretta sorveglianza. Solo qualche settimana dopo Mussolini – che è all’oscuro di questo fatto – smobilita la sorveglianza. Nobile ricorderà di aver fatto un solo viaggio a Napoli dopo la tragedia dell’Italia: di domenica, nel mese di novembre del 1928.
E’ sicuramente in quella circostanza che va inserito il fatto che qui rileggo con voi, fatto importantissimo perché emana nuova luce nel rapporto tra Umberto Nobile e Lauro.
Siamo a pochi chilometri da Lauro: a Montevergine. E’ una giornata di vento polare, con pioggia e nebbia a intermittenza. Lì sulla vetta del Partenio ormai non sale più nessuno. Nella tarda mattinata due monaci, appena cessata la pioggia, escono dalla chiesa abbaziale passeggiando nel Chiostro grande.
Di improvviso vedono un gruppo di persone, posare per una foto. Gli occhi dei due benedettini si concentrano su un uomo claudicante.
“Ci sembra di riconoscere i lineamenti noti non solo a noi ma a tutto il mondo”, annotano poco dopo. La sensazione che quell’uomo sia Nobile è confermata dal cane che corre e più volte richiamato: “Titina, Titina”. I monaci corrono a salutarlo ma l’uomo che li riceve è ormai distaccato, quasi seccato di essere stato riconosciuto.
Umberto Nobile sta attraversando il momento più buio: tutto sta crollando attorno a lui.
Il generale visita la Madonna, si ferma dinanzi a lei, prega intensamente. E mentre è davanti a lei si volge ai monaci e dice: “Non sapete che il Santuario di Montevergine è il mio santuario? Sono nato… in un paeseche sta sotto l’ombra della santa Montagna di Montevergine…”.
Si: davanti alla Madonna di Montevergine Nobile avrà ricordato tutte le sue tragedie. Uomo ormai senza terra, dinanzi a lei, la Mamma Schiavone, provò forse la nostalgia dei tempi antichi. E immediato il pensiero era corso a Lauro, al suo paese con quella casa natia subito lasciata.
E fu un sussurro. Perché le flebili voci dei momenti tragici divengono sempre carezza di amore. Quella voce amorosa persasi nel tempo noi l’abbiamo ostinatamente ricercata e ritrovata, per poter ridire con più fierezza dell’amore tragico e appassionato che unisce Lauro e Umberto Nobile. Auguri generale Nobile!
(Severino Santorelli)

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