Che giornata intensa il 23
novembre del 1980 a Lauro! Come in tutto il sud l’estate di san Martino
sembrava non voler andare via. Altro che novembre! Pareva primavera! Sarà per
questo che quella mattina la Democrazia Cristiana di Lauro aveva deciso di
inaugurare la sua sede locale?
Ma era pure domenica, e per di più
festa di Cristo Re. E per consuetudine a Lauro iniziava l’anno pastorale: tutte
le associazioni sono in chiesa a iniziare un nuovo periodo di attività, fino al
Corpus Domini del giugno prossimo…
La messa perciò è anticipata alle
18.30 e alle 19,15 tutto è già finito. Il Parroco ha fretta… C’è una partita a
Bologna… Che farà il Napoli? Ma mentre si dirige in sacrestia a togliere i
paramenti Suor Irma delle Figlie della Carità si precipita a dire… “C’è il
sorteggio, il sorteggio!”. Si sorteggia una statua mariana, i cui biglietti si
vendevano già dalla patronale di agosto…”Faccia suora, ma in fretta”. Ma suor
Irma non conosce gli usi locali: non sa che si estrae ogni biglietto e solo
quello successivo al nome di Maria Santissima è il vincitore… Ed ecco che
incautamente apre il primo biglietto estratto dalla bimba di turno e dice il
nome… “Nunziata Nicola… Ha vinto Nicola Nunziata”… Clamore delle ferventi
donne, i cui nomi don Rocco non ha voluto mai rivelarmi, ma che forse potrei
pure intuire… Clamori così forti che persino il parroco, sordo e di quelli
forti, riesce ad intendere. Esasperato dalla stanchezza e dal suo carattere
fermo mandò via tutte, dicendo “La suora ha ben fatto, a casa!”.
Ispezionata la chiesa, spento e
chiuso tutto don Rocco si mette a bordo della sua 500 mentre dà la chiave della
parrocchiale a Carminuccio Manna perché la depositi come di consueto nel Sale e
Tabacchi dell’attuale vicolo Sperandeo.
La sua meta è una sola: il bar Mazzocca. Sono le 19.30: Don Ciccio, vero
e sapiente e ultimo artigiano del dolce gli ha appena offerto il caffè. Da
patito del Napoli, lui, il maestro di tanti pasticceri, si rammarica del
pareggio lì a Bologna.
Fu questione di attimi: un boato,
le urla, lo sgomento di quel moto sussultorio. E il respiro impregnato della
polvere dei calcinacci senza sapere dove, senza nemmeno rendersi conto. E’ il
terremoto.
Don Ciccio non riesce a
trattenere il parroco: è veloce ed è già a via Fontana. La stradina è già
intasata dalle macerie: la cucina della Caserma dei Carabinieri è caduta giù e
l’acqua delle condutture idriche impazzisce da tutte le parti. Dal vicolo del
Carmine arriva finalmente a Piazza Municipio. Ancora nulla è distinguibile:
polvere da sedimentarsi, anzi, polvere che sale ancora, dal basso verso l’alto.
E’ crollato il timpano della chiesa. Un ciclope ricorderà a distanza d’anni il
parroco, dove non c’è occhio ma voragine ormai.
In quegli istanti ciascuno può
immaginare cosa sia successo: lo sgomento, la fuga precipitosa lungo le strade,
e poi la paura, il pensiero della notte incombente, dell’andare in campagna o
in collina e non rientrare affatto in casa…
Non racconterò gli altri episodi
di quella sera, che riguardano il solo Parroco. Accenno solo che lui decide di
dormire in canonica, e che perciò ne fa un giro di ricognizione accompagnato da
Nunzio Mastroieni. Qualche giorno dopo in canonica dormirà anche Michele
Colacurcio colla moglie, il falegname di Preturo, capo di una cooperativa di
artigiani di quel quartiere e che a causa del terremotò si trasferirà poi a
Fontenovella.
Solo all’alba si capisce cosa sia
successo: la piazza è seriamente danneggiata e le scale della chiesa sono ormai
un ricordo. La pesante croce di ferro e il timpano cadendo hanno lesionato
tutto; il macellaio Eduardo Santaniello vede da lontano la sua auto sotto il
cumulo delle macerie… Altre due o tre
auto sono ugualmente da portare allo scasso…
Ma per il resto se non fosse per i calcinacci, Lauro ha resistito bene.
Ovviamente i danni ci sono stati
e l’Ufficio Tecnico del Comune individua circa 170 nuclei familiari da
tutelare. Si organizza così una mensa presso il ristorante Santaniello, poi
portata al San Filippo; al campo atterrano tramite un elicottero viveri di ogni
genere; alcuni hanno dei prefabbricati; altri alloggiano a Fontenovella negli
attuali uffici dell’Agrivesuvio. E ciò
fino al 1982, anno in cui il Parco della Maddalena (così detto in ricordo della
prima Collegiata di Santa Maddalena di Lauro esistente in zona) entra a pieno regime.
E qui cari amici, occorre lasciare
un attimo la cronaca e fare il punto della situazione. Di quei giorni si è
detto tanto, forse troppo – e lo ammetteva anche lo stesso Don Rocco. Sono
vicende ormai lontanissime e tuttavia vive e ancora affascinanti. E’ in quei
giorni che si creò il mito (ma forse a ragione) di un Don Camillo e Peppone
lauretani. Amicizia e contese portate fino all’esasperazione da teste pensanti
e di tutto rispetto. Lo dico perché i quindicenni di oggi sappiano che gente
c’era in paese: di altissima levatura.
Era sindaco a Lauro l’avvocato
Ottavio Colucci. Uomo dalla scrittura fine e appassionato del suo paese. I suoi
“Scritti brevi” si leggono con un sollievo e un arricchimento intellettuale che
ti porta a dire: Che bel paese che è Lauro!
L’avvocato allora era nel pieno
della maturità umana: gran fumatore, tipo che parlava poco (così me lo
descriveva il Parroco) era succeduto all’avvocato Sebastiano Setaro, il sindaco
morto prima di terminare il suo mandato. Setaro… da ricordare questo nome!
E’ ovvio che in quella situazione
il sindaco Colucci e l’Ufficio Tecnico si mobilitassero e girassero in lungo e
in largo il paese: rendersi conto degli sfollati, organizzare gli eventuali
soccorsi, interloquire colle autorità superiori.
Ed è ovvio che il problema
principale era la zona centrale di Lauro: la piazza colla chiesa e via Fontana.
E il 27 novembre è emessa una relazione tecnica sulla situazione della chiesa:
isolare tutta l’insula parrocchiale e mettere in sicurezza le criticità. E lo
si fa, con una rapidità che oggi fa arrossire le lungaggini a cui si assiste
spesso.
Il 29 novembre, a sera, arriva da
Reggio Emilia una ruspa di dimensioni grandissime, della Ditta Fontanili… E il
30 inizia il lavoro. Il problema è che non vengono abbattute le sole parti
pericolanti, perché la ruspa inizia ad aggredire la prima delle 20 campate
possenti della chiesa… Ma la prima campata è resistente: solo il 2 dicembre
crolla, rovinando sul tamburo e sulle prime cappelle prospicienti l’ingresso.
Poco dopo crolla anche la seconda
capriata. E’ un battere continuo dei martelli (perché ora le ruspe sono due,
sempre provenienti da Reggio), e polvere e sgomento che man mano salgono…
Perché si vedono giungere dei
cavi di acciaio (valore dichiarato di 3 milioni) per imbragare le varie parti
del tetto e chissà, farlo venire giù… Ma le ruspe non posso andare oltre. La
chiesa è troppo vasta… E allora? Le ruspe percorrono il Vicolo del Carmine… Ma
niente, troppo stretto.
E’ allora che Don Rocco ha
l’impressione che… che la chiesa venga abbattuta del tutto! E un nome rimbomba
alle sue orecchie… Setaro, Setaro… Il vecchio sindaco!
Già! Setaro e il suo progetto:
una piazza monumentale per Lauro, con porticati e negozi e palazzi laterali
come al nord! Unico impaccio… la chiesa… Magari da abbattere, portando la cura
pastorale alla Collegiata.
E don Rocco rimugina… E se
Colucci pensasse al progetto di Setaro?
Io non so dire se sia stato il
reale pensiero di questi due Sindaci. Racconto solo quanto mi riferiva il
parroco, sospendendo io stesso il giudizio (chi sono io davanti a questi nomi
che venero?).
I cavi non vennero usati:
significava creare una situazione ben peggiore del terremoto. Si fece strada
allora l'ipotesi - che non ho mai voluto verificare - di far operare le ruspe
abbattendo il palazzetto di San Filippo (dov'è ora la sala parrocchiale).
E' ora di agire. Don Rocco lo sa.
E' il 3 dicembre. Mattina.
All'improvviso suonano le campane. A martello. Chi le ha sentite (a Lauro
l'ultima volta suonarono nel giugno del 2000) sa come suonino. Un martellio
intenso, che ti incita a correre, ti dà forza e entusiasmo, ti... beh quasi ti gasa!
Se poi le ascolti con una sinfonia di Padre Davide da Bergamo, ebbene, sì forse
sei a Lauro, a rivivere quel 3 dicembre 1980.
Corrono le devote (nessun
cuscino. Le gravidanze furono finte dalle Tauranesi in occasione della guerra
dei Santi del 1964 - ma ne riparleremo!). Corrono i bambini. E corrono le
famiglie dell'insula della chiesa, quelle di via Fontana, quelle del Chiazzullo
e del vicoletto: Armando Manzi, e Antonietta Ferraro. E il barista Giacomino
Moschiano. E la moglie di Benito Vona colle figlie. Le ruspe indietreggiano.
Non potranno fare altro nemmeno a
via Remondini, al palazzo Manara. Rega Giosuè e Renzullo Elisa si oppongono. E
allora? Si va a Fellino, ad abbattere la casa a fianco dell'Arco di Fellino...
Ma lì sul piede di guerra c'è il prof. Corcione!
Ovviamente il commissario, il
dott. Leopoldo D'Andrea vigila su tutto. E un fonogramma non è solo inviato
alla Questura e al Prefetto... Ma arriva anche alla Sovrintendenza dei Beni
Culturali.
Il 4 dicembre le campane non
suonano. Ma c'è una processione di esercenti che fanno la spola tra Comune e
Parrocchia. Tutto è transennato... ma gli affari? Gli affari vanno avanti,
altrimenti come si vive?
Ci sono i barbieri, e c'è il
macellaio; c'è il barista e ci sono i salumieri. E non va dimenticata la
lavanderia! Biagio Ferraro e Ciro Sola sono i barbieri; Attilio Castaldo è il
salumiere, col papà che è mast' Peppe, calzolaio a Piazza Nobile...
Nello studio di Colucci, Sindaco
e Parroco cercano di capirsi, di "annusarsi"... Forse non tutto sarà
andato per il verso giusto se il 5 dicembre don Rocco è a Napoli. Nello studio
di Corrado Ursi, cardinale di Santa Romana Chiesa e arcivescovo di Napoli,
custode di San Gennaro e metropolita, e
chi più ne ha più ne metta... Occorre parlare con Paolo Martusciello,
provveditore alle Opere pubbliche... E il cardinale dà un biglietto di
presentazione al Parroco che già si sta alzando dalla sedia di fronte al
porporato... quando... quando Giacinto Mazzocca (te li giochi i telefonini di
oggi!) chiama direttamente allo studio del cardinale. "Parroco, tornate a
Lauro, c'è la Soprintendenza!".
Si, era arrivata la
Soprintendenza. E sarà lei a decidere ormai il da farsi, tutelando i restauri
che verranno poi effettuati dalla Ditta Tortora di Casamarciano, concludendosi
il 30 agosto del 1992.
Finisce così nel giro di pochi
giorni una delle famose “lotte” lauretane. E io non trovo le parole adatte a
concludere. Perché al pensiero di guerre dei santi, o di schiaffi - ma non anagnini –, di fascisti o antifascisti, di cuscini messi
sotto le vesti, o di campane a martello, beh… il cuore si intenerisce, e si
sveglia l’orgoglio. Quello di essere anch’io uno di Lauro. Perché chi è di
Lauro ha carattere e non demorde. Sì, si
infiamma ma quando si infiamma… brucia e riscalda tutto.
Buona notte!