domenica 2 giugno 2013


Ricordando il professore Corcione…
La parola… A volte è sussurrata e subito dopo è detta e ridetta, financo urlata… Per essa il sentimento prende voce, e l’amore o l’odio, e le passioni tutte giocano coll’alfabeto del dire … E quando tace spesso dà voce al linguaggio paludoso dell’ignavia. Quante parole, pensate e riflesse… o sprecate, perché si vuole parlare ad ogni costo e sempre.
Lui, l’optimus magister, amava indugiare sulle parole. Non improvvisava. Non parlava subito. Ma rifletteva. La sua era la fierezza dell’uomo di studio che nasce dalla fedeltà al senso delle parole. E questa sua fedeltà è stata per chi lo ha conosciuto vera scuola di vita che diceva della sua ascesi spirituale, di quella sobrietà e finezza che lo hanno reso maestro di vita.
Quante volte ha rimirato l’Arco di Fellino, e quei versi scritti dopo il terremoto insieme a don Rocco! Vi ripensava ancora qualche tempo fa, dopo anni e anni ormai… “Io ci penso tuttora la notte, lo sa?”…
Le notti del professore Corcione! Notti di un uomo di studio, di un uomo colto e perciò anche solitario esploratore di orizzonti non da tutti varcati… Chino sui testi egli ha reso vivida quella lucubratio che Forcellini (l’amato Forcellini!) aveva descritto… La lunga veglia, alla luce di una lampada, a cercare il senso di un testo, a renderlo vivo… fino a giungere a quel momento sublime dell’approbatio: “si, finalmente… si traduce così!”. Perché tradurre non è mai riportare un verbum ad verbum. Solo il poeta traduce, solo l’appassionato sa trasmettere le emozioni di un classico.
E solo chi è umile lo sa fare. Perché le sue ore che sono divenute giorni e mesi e anni di studio gli hanno sempre sussurrato di tenere i piedi saldi per terra. Non si considerava mai un uomo valente, superiore, elitario. Quante volte andava da don Rocco, a consigliarsi, con quell’Asino d’oro tra le mani! Quanta umanità!
Optime magister! Tu anche hai dato lustro a Lauro, educando tanti giovani, affascinando col tuo dire, nel modo unico e difficile della sobrietà e della discrezione. Ci hai insegnato un sentiero verso il mondo lontano ed eterno dei classici. E tu stesso sei divenuto così immagine viva di una Lauro nobile e bella, semplice ed elegante.
A volte eri pensoso, quasi simile all’antico Giuliano perché pochi amavano i classici, pochi gustavano la poesia, pochi vegliavano come un tempo. Ma la stima che oggi tutti ti rendiamo ti rinfrancherà certamente. Il tuo lavoro e la tua passione ci hanno resi più ricchi di umanità. Continueremo il compito che ancora ci hai assegnato. Essere uomini sobri e fedeli, e seri. Dei veri laurinensi.
E  grato e ammirato si alza il saluto, come un’antica consolatoria, ormai tutta nuova per tuo merito: Vale, et multum gaude. Dii vero tibi fausta concedant, redire domum amicam in patriam...



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